Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è volta a introdurre nuove norme finalizzate a rendere operativo il disposto del numero 105) dell'articolo 2 della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81, laddove impone che la difesa d'ufficio sia improntata a «criteri che ne garantiscano l'effettività». Strada questa già tracciata dal legislatore con le riforme introdotte dalla legge 6 marzo 2001, n. 60. Tuttavia «sul campo» si è dovuto constatare che alcuni meccanismi relativi alla disciplina della difesa d'ufficio non solo non hanno funzionato, ma hanno generato delle vere e proprie deviazioni che hanno sanzionato la concretezza operativa del diritto di difesa.
      Le ragioni di tale situazione, bisogna riconoscerlo, vanno ricercate anche in una non adeguata responsabilizzazione dei difensori di ufficio. In tale prospettiva non si può prescindere da una rigorosa responsabilizzazione di coloro che assumono un mandato difensivo: per questa ragione, si è pensato di introdurre specifiche modifiche sia nel codice di rito, sia nelle norme dell'ordinamento forense.
      In particolare occorre rilevare la disfunzione nel meccanismo di cui all'articolo 97, comma 4, del codice di procedura penale: infatti, la previsione secondo la quale, a fronte dell'assenza del difensore di ufficio, il giudice designa quale difensore un sostituto, preclude, com'è noto, la possibilità per quest'ultimo di ottenere un termine a difesa. E nessuno dubita che in tale modo la difesa sia affidata, di volta in volta, a un soggetto che per la situazione in cui si inserisce potrà assolvere a un ruolo meramente formale. Ma, a parte tale considerazione, occorre rilevare come il meccanismo attualmente vigente determini,

 

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con riferimento a quei procedimenti che necessitano di più udienze, una «girandola» di sostituti con l'effetto di un continuo frazionamento dell'attività difensiva tra soggetti nominati di volta in volta e ignari (il più delle volte) del processo.
      A tale situazione si ritiene di porre rimedio attraverso la modifica del comma 4 dell'articolo 97 del codice di procedura penale e l'introduzione dei commi 4-bis e 4-ter.
      Con tali disposizioni si differenzia la disciplina del difensore non comparso a seconda che sia un difensore di ufficio o di fiducia. Partendo da quest'ultimo, si limita l'obbligo di nominare un difensore di ufficio, rigorosamente scelto secondo i criteri dei commi 2 e 3 dell'articolo 97 del codice di procedura penale, solo nell'ipotesi di abbandono di difesa. Nelle altre ipotesi di «non comparizione» il giudice designa come sostituto un altro difensore.
      Viceversa, nell'evenienza in cui sia il difensore di ufficio a non comparire si prevede che il giudice nomini un altro difensore «immediatamente reperibile» iscritto nell'elenco di cui al comma 2 del medesimo articolo 97. Quando invece il difensore di ufficio ha abbandonato la difesa si procede alla nomina di un altro difensore secondo i criteri di cui ai commi 2 e 3 del citato articolo 97.
      Anche nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, nell'ipotesi di non comparizione o di mancato reperimento del difensore di ufficio, richiedono un altro nominativo all'ufficio di cui all'articolo 97, comma 2, del codice di procedura penale. Nelle ipotesi di urgenza, da motivare specificatamente in un provvedimento, è prevista la possibilità di nominare un altro difensore immediatamente reperibile.
      La logica della riforma sta nell'imporre, a fronte della mancata «presenza» del difensore di ufficio, la nomina di un altro difensore. Questo, infatti, a differenza del sostituto, ha diritto a un termine per la preparazione della difesa. Peraltro la nomina di un nuovo difensore è prevista, salvo casi di urgenza, attraverso il meccanismo delle «liste» che costituiscono non solo una garanzia di capacità tecnica, ma evitano anche nomine mirate a difensori «addomesticati».
      Nessuno dubita che le modifiche proposte possano generare il rischio di un uso «distorto» delle richieste di termine a difesa prolungando indebitamente i tempi del processo. Proprio consapevoli di tale situazione e nella prospettata ottica di una responsabilizzazione, si è previsto come la mancata comparizione del difensore di ufficio senza giustificato motivo o per legittimo impedimento costituisca illecito disciplinare (articolo 97, comma 4-bis, del codice di procedura penale).
      In questa direzione si muove anche la proposta di modifica all'articolo 29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271. Al comma 1-bis della disposizione in esame si prevede, infatti, quale condizione per l'iscrizione nell'elenco dei difensori di ufficio il non aver riportato sanzioni disciplinari superiori all'avvertimento nei cinque anni precedenti la richiesta di iscrizione.
      Correlativamente, al comma 7-bis si prevede che l'assenza ingiustificata del difensore di ufficio, costituendo illecito disciplinare, determini la sospensione dall'elenco dei difensori fino alla definizione dei relativo procedimento.
      Sempre al fine di garantire l'effettività della difesa tecnica, al comma 1-bis del medesimo articolo 29 si prevede che per essere iscritti nell'elenco dei difensori di ufficio occorre possedere l'iscrizione nell'elenco degli avvocati specialisti in diritto penale.
      La vigente previsione normativa si è infatti dimostrata, nella concreta attuazione, per lo più inidonea a garantire effettive competenza e professionalità del difensore di ufficio. Si è dunque ritenuto di dover colmare l'attuale lacuna, rappresentata dalla mancanza di una disciplina di dettaglio del percorso formativo del difensore di ufficio, con la previsione dell'obbligo di iscrizione nell'elenco degli avvocati specializzati in diritto penale, iscrizione condizionata a precisi requisiti di
 

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competenza specifica nella materia. Tale requisito, che consente peraltro di superare la querelle circa la legittimazione dei praticanti ad assumere difese d'ufficio, è l'unico che appare in grado di garantire al cittadino un difensore di ufficio dotato di competenza e di professionalità specifiche.
      Inoltre, sempre all'articolo 29, si prevede l'obbligo per il consiglio dell'ordine forense dell'aggiornamento annuale degli iscritti idonei ad assumere la difesa d'ufficio, prevedendo un numero degli iscritti sufficiente a garantire le esigenze degli uffici giudiziari. Proprio in relazione a tale potere conferito al consiglio dell'ordine forense, si pone a carico di quest'ultimo l'obbligo di redigere una relazione annuale sull'andamento della difesa d'ufficio in cui si renda ragione dei criteri in base ai quali si procede «alla formazione dell'elenco e all'individuazione delle esigenze degli uffici giudiziari».
      Quanto al requisito dell'iscrizione nell'elenco degli avvocati specialisti in diritto penale, esso comporta necessariamente una modifica della vigente disciplina di ordinamento forense, nel senso di contemplare l'istituzione, nell'ambito di un unico albo degli avvocati, di elenchi di avvocati specialisti tenuti dai singoli consigli dell'Ordine degli avvocati, uno per ogni ramo del diritto individuato dal Consiglio nazionale forense (CNF). Tale modifica va peraltro nel senso auspicato da tutta l'avvocatura associata e già recepito, seppure in embrione, dai progetti di riforma di ordinamento forense depositati in Parlamento.
      Quanto ai contenuti della modifica va detto che l'iscrizione negli elenchi degli avvocati specialisti (e prima ancora la frequenza del percorso formativo necessario) è disciplinata come una mera facoltà del difensore, che non determina peraltro alcuna riserva di attività in suo favore. Laddove, dunque, un avvocato ritenga opportuno non iscriversi in alcun elenco specialistico, egli conserverà comunque il diritto di difendere in ogni sede giudiziaria.
      L'iscrizione negli elenchi degli avvocati specialisti sarà subordinata al conseguimento del titolo di specialista, rilasciato all'esito di un percorso formativo, la cui disciplina è rimessa a un regolamento adottato dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca, su proposta del CNF, sentite le associazioni forensi. La preventiva consultazione con le associazioni forensi ben si giustifica in ragione del ruolo che esse hanno ormai di fatto assunto (ruolo che per quanto riguarda l'Unione camere penali italiane è anche normativamente riconosciuto proprio dal vigente articolo 29 delle citate norme di attuazione) in materia di formazione specialistica.
      La necessità di frequentare un percorso formativo specialistico condiziona il conseguimento del titolo di specialista per tutti gli avvocati che godono di un'anzianità di iscrizione all'albo professionale inferiore a cinque anni.
      Gli avvocati, la cui anzianità di iscrizione all'albo è pari ad almeno cinque anni alla data di entrata in vigore della nuova normativa, potranno invece chiedere l'iscrizione in un elenco degli avvocati specialisti tenuto dal consiglio dell'Ordine degli avvocati di appartenenza, in forza di una semplice «autocertificazione» di prevalenza di attività nel settore specialistico prescelto.
      Sempre nell'ottica di garantire un'effettività alla difesa d'ufficio si propone l'introduzione del comma 4-bis dell'articolo 161 del codice di procedura penale. Con tale norma si prevede che, nell'ipotesi di richiesta di dichiarazione o elezione di domicilio a un soggetto che non ha un difensore da nominare, il domicilio sia dichiarato eletto unitamente alla nomina del difensore di ufficio.
      In tale modo si cerca di ridurre l'alea della cosiddetta «falsa reperibilità», in quanto un contatto diretto tra difensore e assistito dovrebbe consentire una maggiore possibilità di informazione sulle notifiche del processo.
      Un'ultima serie di modifiche sono state introdotte nella normativa relativa al patrocinio a spese dello Stato.
      Da un lato si è introdotta la regola che le condizioni di ammissione debbano essere valutate sulla base della «soglia di
 

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povertà relativa accertata annualmente dall'ISTAT» e dall'altro lato si è inciso sul tema della liquidazione dell'onorario e delle spese del difensore.
      In particolare si è previsto, ai fini di accelerare le procedure di pagamento, che il relativo decreto sia adottato dal giudice contestualmente alla pronuncia della sentenza o del provvedimento conclusivo del giudizio o della singola fase. Tuttavia l'affidare al giudice il potere di disporre sulla liquidazione degli onorari ha fatto paventare il rischio di una limitazione della libertà di azione della difesa la cui «tenace» attività potrebbe essere sanzionata con una decurtazione della somma richiesta. Si è, perciò, deciso di mantenere il potere di liquidazione in capo al giudice del processo, ma di limitarne la sfera discrezionale in ordine al quantum che è prefissato nei valori medi della tariffa professionale.
 

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